Pregiudizi e stereotipi sulla figura professionale dello psicologo sono ancora assai diffusi nonostante il suo ruolo sia stato riconosciuto in Italia dall’istituzione dell’Ordine professionale già dal 1989:
Le figure dei professionisti del benessere psicologico, psicologi e psicoterapeuti, sono ormai affermate nella realtà italiana, tuttavia una serie di diffusi pregiudizi attraversano ancora in maniera trasversale tutte le estrazioni culturali e sociali. Vediamoli brevemente.
Prima di tutto che andare da uno psicologo sia una “roba da matti”, qualcosa quindi di cui se non da vergognarsi espressamente, diciamo da non far sapere ad amici, colleghi, parenti. Qualcuno si è mai vergognato di fare un controllo cardiologico? Perchè la nostra mente e il nostro cervello non possono essere oggetto di prevenzione e cura come qualsiasi altro organo vitale?
Perchè non cercare l’ascolto e l’aiuto specifico di un professionista anche quando, pur non avendo sintomi psichici invalidanti, si attraversa un difficile momento esistenziale? Un altro stereotipo molto diffuso è la convinzione di potercela fare da soli, senza l’aiuto di nessuno, quasi come se ciò avesse un valore aggiunto intrinseco, perdendo di vista il fatto che risolvere i problemi alla loro origine e attraverso una via diretta e specifica garantisce una migliore efficacia della risoluzione degli stessi, con minori complicazioni per se stessi e per gli altri.
Parlare con gli psicologi non è come parlare con amici, conoscenti, mentori o padri spirituali. Senza voler sminuire nessuna di queste importanti figure nella vita di ciascuno di noi, la psicoterapia è una tecnica, un metodo e un’arte insieme, qualcosa che si insegna, si apprende e si pratica. Chi non ha avuto una specifica formazione in materia può elargire consigli, ma non curare persone. Un consiglio è utile, un parere professionale è determinante: affidereste le sorti di una vostra vicenda legale al parere di un amico, o vi rivolgereste a un bravo avvocato?
Alcuni pensano che rivolgersi ad uno psicologo o a uno psicoterapeuta potrebbe essere potenzialmente pericoloso o dannoso in quanto egli potrebbe manipolare la mente del paziente. E’ vero che la psicoterapia si fonda sulla relazione terapeutica tra il paziente e il terapeuta e che essa, come ogni legame umano, implica un grado di coinvolgimento emotivo. Anche per questo motivo gli psicologi devono obbligatoriamente essere iscritti a un Ordine professionale (richiedere il numero di iscrizione all’Ordine di un professionista è un diritto del paziente) e sono soggetti al codice deontologico.
Quest’ultimo chiarisce gli abusi di potere all’interno della relazione e stabilisce le relative sanzioni. Se per manipolazione invece si intende il fatto del crearsi di una dipendenza emotiva dal terapeuta, è invece dovere del professionista promuovere sempre l’autonomia del paziente, sapendo valutare con lui i suoi miglioramenti in itinere e gestendo insieme a quest’ultimo la fase di chiusura del rapporto terapeutico in maniera naturale. Altri importanti stereotipi riguardano atteggiamenti pessimistici come “nessuno mi può capire” o “sono incapace di cambiare”.
Simili atteggiamenti sono in realtà tentativi di giustificare la nostra difficoltà di effettuare un percorso di cambiamento, rispetto a stili di vita, modalità di funzionamento ed equilibri emotivi che ci hanno inclinato per lungo tempo e che da soli, per tornare al punto di partenza, non si è in grado di modificare. Un ultimo pregiudizio riguarda coloro che hanno come amici, parenti o conoscenti qualcuno di noi “psi”: no, non vi giudichiamo mentre ci parlate, non pensiamo che siete fuori di testa, non facciamo diagnosi nei bar, non cerchiamo di analizzarvi in ogni attimo della nostra esistenza, perchè fuori dai nostri contesti lavorativi anche a noi piace divertirci con gli amici, parlare, godere del tempo libero con le persone che amiamo, proprio come a voi.
Dott.ssa Isabella Ricci